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Anche il dolore può far crescere.

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Anche il dolore può far crescere.

prof. Lino Sartori | Filosofo

Ricordo spesso una frase che un mio stimato professore del liceo – poeta profondo, strappato alla vita terrena appena cinquantenne – mi disse: “Più si cresce, più si stringe attorno a noi il cerchio delle croci”. Un insegnamento che considero una delle cose più sagge per la mia vita, proprio perché con il dolore tutti, presto o tardi, abbiamo a che fare. In questi ultimi giorni ho incontrato diverse persone che sono colpite da varie forme di dolore: un anziano frate francescano, che ha percorso in lungo e largo molte volte tutta l’Italia come predicatore, ora costretto in una sedia a rotelle ma soprattutto con la mente che non lo segue più; una mamma con una figlia cieca in seguito a tumore cerebrale appena nata; un pensionato, ex camionista, che è tenuto in vita dalle forze residue del cuore ormai compromesso. E mi sono chiesto: in queste situazioni come si fa a dire che anche il dolore è una opportunità? Qui le risposte, a mio parere, possono essere due: il credente cristiano sa che nulla succede nella vita senza che Dio lo sappia, nulla va perduto di quello che si fa o che si è. Lo ha detto benissimo Cristo con la famosa parabola dei passeri: “Non valete voi più di due passeri?” O ancora: “Non un solo capello del vostro capo andrà perduto”.

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Ma per uno che non è cristiano, oppure per coloro che cercano una spiegazione semplicemente alla luce della ragione, quale potrebbe essere la risposta? Confesso che faccio molta fatica a dire che nel dolore vi è una opportunità di crescita, perché sarebbe come dire che, quando una casa brucia, le cose vanno bene. Il dolore è troppo contrastante con la nostra vita, è un bastone continuamente tra le ruote delle nostre giornate, è un ostacolo permanente alla realizzazione dei nostri piani. E dunque? Dunque il dolore rimane, certo e reale come il sole, anzi come le tenebre: sempre, soprattutto quando meno ci pensi, arriva come un ospite sgradito che non ti chiede nemmeno il permesso di entrare, ma irrompe in casa tua, si siede di prepotenza alla tua tavola, si fa largo anche spingendo fuori i commensali che hanno pieno diritto di stare comodamente seduti e lui resta lì, senza nemmeno dirti fino a quando.

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Ecco, con questa realtà dobbiamo fare i conti e non una sola volta, ma spesso e, comunque, anche per i più fortunati, prima o poi lui capita, inaspettato, indesiderato, insopportato.  Eppure, a ben pensarci (sì, occorre pensarci perché non è una cosa né spontanea né banale) anche il dolore ha la capacità di far crescere. In quale senso? Nel senso che avvicina le persone, quelle che soffrono direttamente a quelle che stanno loro accanto, spesso impotenti a fare alcunché se non a regalare un po’ del loro tempo, un po’ della loro presenza. Le nostre giornate sono per lo più frettolose, addirittura spasmodiche; passiamo gli uni accanto agli altri sempre di corsa, maledettamente presi dal business e dal “devo andare”. Dove? A fare shopping, a lavorare, a incontrare amici, a fare sport o wellness: sempre di corsa, in fuga perenne, con i motori accesi e i minuti contati. Ma se ti capita una malattia o un infortunio, tutto cambia e constati che gli shopping center vanno avanti benissimo anche senza la tua presenza, il lavoro continua, gli amici sanno ugualmente come divertirsi e l’orologio non lo ferma nessuno. Ma una cosa diventa certa in questi momenti:

se non hai nessuno accanto a te che si fermi, che ti regali un istante del suo tempo, quel dolore diventa insopportabile, perché si carica del peso della solitudine.

Ecco, allora, la mia risposta, del tutto personale ma di cui sono profondamente convinto: il dolore fa crescere in solidarietà e dunque in umanità. Cioè il dolore rafforza i legami o, se questi non c’erano prima, li spezza. Insomma, il dolore è un test di verità: è qui che, come diceva il nostro sommo poeta Dante, “si parrà tua virtute”. In altre parole, è nella disgrazia che viene fuori l’uomo, la persona, il vero amico, ma anche il familiare che davvero ti vuole bene. Ed è in questo senso – ripeto ancora – a mio avviso, che sentiamo dentro di noi che si cresce in quanto persone. Perché è nel dare (tempo, ascolto, attenzione, calma, serenità, uno sguardo) che si riceve e, soprattutto, si rimettono le cose al loro giusto posto. Infatti la peggiore malattia della nostra attuale vita è quella di non saper dare alle cose, ai fatti, alle situazioni, la loro giusta posizione nella scala dei valori: diventa importante quello che gli altri ci fanno apparire importante e così bruciamo tempo, energia, occasioni, per sentirci poi, alla resa dei conti, vuoti interiormente e in balia del nulla che ci siamo costruiti. Un grande maestro medievale, che faremmo assai bene rivisitare ai nostri giorni, San Tommaso d’Aquino, era solito dire.

“Il dolore se condiviso si dimezza. La gioia se condivisa si raddoppia”.

san tommaso d’aquino
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